sabato 25 maggio 2013

Contiene Matteo Renzi, consumare responsabilmente

Matteo Renzi piace. Piace trasversalmente, come dicono gli analisti seri. E' evidente, risulta da tutte le indagini ultimamente. Piace, ovviamente, soprattutto al centro e alle fasce al centro più vicine. Come risulta ad esempio dalle "solite" ottime analisi di Ilvo Diamanti il sindaco di Firenze è il candidato segretario preferito tra i sostenitori del PD. Mentre risulta meno "forte" tra gli elettori di SEL e degli altri partiti di Sinistra. Ma nonostante questo Renzi è intenzionato a lasciare la segreteria a qualcun altro, ed entrare in corsa soltanto al momento di una possibile corsa per la candidatura a Premier. Prospettando quindi una divisione tra la segreteria e la candidatura. Prospettando quindi un partito potenzialmente diviso.
Sul Corriere di oggi Angelo Panebianco fa notare questa "strategia che fa tanto Prima Repubblica". Anzi. Che fa tanto DC.
Il fatto che Renzi non voglia prendersi il partito, che non voglia imporgli la sua linea, che non voglia imporre al PD una strada compiutamente riformista viene visto dai più come un errore. Come l'ennesima concessione ad una sinistra "estremista" - intendendo tra l'altro Civati o Barca come estremisti, e già questo e tutto dire. Avere un partito proiettato esclusivamente verso il centro, ancora più verso il centro rispetto a quanto fatto da Walter Veltroni nel 2008, sembra essere l'unica strada per arrivare a quel partito a vocazione maggioritaria, invocato da tutti i cantori della giustezza del bipolarismo. Il PD deve essere riformista, anche a costo di dare il là, alla sua sinistra, ad un nuovo partito.
In tutto questo sfugge qualcosa. Non si capisce perché sia più giusto creare un'altra frattura tra centro e sinistra, invece di cercare di cavalcare la frattura tra destra e sinistra.
Si dimentica, vedendole come delle  etichette, che destra e sinistra rispecchiano fratture sociali (come fa notare ancora Diamanti). Si dimentica che il voto di chi si è ritrovato sommerso dai problemi (reali o "imposti" dai tempi), di chi mette nel lavoro una parte importante della sua vita, il voto di chi si etichetta(va) come "sinistro", è andato al M5S. Questa volta è stato, probabilmente, un voto di protesta. Un voto dato a Grillo da chi non riusciva a vedere nessuno realmente in grado di impegnarsi "per salvare l'Italia che lavora per pochi spiccioli".
Si dimentica, o forse si nasconde, che Veltroni nel 2008 ha perso tanto largamente soprattutto per l'incapacità di mobilitare il suo elettorato potenziale a sinistra, quell'elettorato che ha costretto con la Sinistra Arcobaleno di allora, per la prima volta, i comunisti fuori dal parlamento, elettori potenziali che il PD non è riuscito ad attrarre, che sono caduti allora nell'astensionismo, e oggi sia nell'astensionismo che nel voto di "protesta" al M5S.

Un PD con una segreteria di sinistra, diciamo Civati, sia per mantenere la "moda" della linea giovane, sia perché è "compiutamente di sinistra", e con Renzi candidato alle prossime elezioni, potrebbe, in linea teorica, imporsi questa volta sì a tutto il centrosinistra.
L'elettorato potenziale di Renzi e una parte di quello attuale del M5S possono sovrapporsi. E' quell'elettorato moderno, molto mediale, e generalmente "incazzato". Quell'elettorato che cerca un leader. E vuole un leader nuovo. Vuole una svolta e la vuole carica di carisma.
E anche l'elettorato potenziale del PD di Civati e una parte di quello attuale del M5S possono sovrapporsi. E' quell'elettorato di sinistra. Quell'elettorato che vorrebbe qualcuno che lo ascolti, che mette il lavoro al centro della propria vita. Quell'elettorato indisposto al centro e che spera di trovare un partito impegnato.

Nel PD, o meglio in chi parla del PD, questo non si accetta
Usare Renzi in modo funzionale alle elezioni, usare le sue capacità mediali, carismatiche, per vincere, semplicemente, è vista come un'eresia. Qualcosa che fa troppo prima repubblica. Quasi che Renzi possa accomunarsi a Craxi - non sia mai!
Sfruttare anche le "debolezze" dell'elettore è quasi un insulto. Anche se l'elettore medio non sa che farsene di un partito "compiutamente riformsita". Anche se l'elettore "debole", quello fluttuante, quello indeciso, quello che vota Berlsuconi perché è Berlusconi, non sa neanche cosa voglia dire riformismo, il partito DEVE essere riformista. Anche perdendo la parte sinistra. Che sa cos'è il riformismo, non lo accetta e non lo accetterà.

Ovviamente sono solo teorie, e metterle in pratica è qualcosa di impensabile, soprattutto per un partito come il PD attuale, che non ha mai avuto una prospettiva di lungo periodo, che ha scelto sempre di impegnarsi nel confronto diretto e mai di creare un partito vero, un sentire su cui modellarsi, e modellare i propri sostenitori. Però potrebbe essere una strada. A patto di accettare un Renzi funzionale allo scopo e un PD di sinistra. A patto di accettare che qualcosa del passato può anche salvarsi, modernizzando certo, senza rivoluzioni riformiste. A patto di cercare di fondere insieme Berlinguer e Moro, stavolta sul serio.

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